OTS-5

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OTS-5

VALENTINA
– KHERMATOS MK I –

Quello che state per leggere non è solo il resoconto di una missione, la OTS-5. E’ il racconto dei nostri racconti. E’ la traduzione in testo di una serie di emozioni che hanno pervaso (e ancora pervadono) il KSC.

Che sono iniziate con questo discorso di Gene Kerman, a poche ore dal lancio:

Mi rivolgo a voi stasera, non in veste di direttore del KSC… non come leader di una programma spaziale… ma semplicemente come kerbal.

Ci troviamo ad affrontare la più spaventosa delle prove. Nei nostri libri antichi quel giorno è chiamato Karmagedden, cioè la sfida delle sfide. Eppure, per la prima volta nella storia del nostro pianeta, il genere kerbal possiede i mezzi tecnologici per affrontare tale sfida.

Tutti voi che ci seguite qui, oggi, dovete sapere che tutto ciò che è possibile fare per portare Valentina in orbita verrà fatto. Il kerbaliano desiderio… di emergere… e di conoscere… ciascuna tappa della scalata alla scienza… ogni singola, avventurosa frontiera vinta nello spazio, tutte le conquiste della moderna tecnologia, persino le guerre del passato… Tutto ciò, ci ha fornito gli strumenti per affrontare questa incredibile impresa.

Nel caos che regna nella nostra storia, tra i mille torti e le discordie, tra immensi dolori e sofferenze, attraverso i secoli… ci sono due cose che hanno elevato le nostre anime ed elevato la nostra specie dalle proprie origini… e quelle cose sono il coraggio e la stupidità!

I sogni dell’intero pianeta, stasera, riposano in questa coraggiosa kerbonauta che viaggerà nello spazio… e speriamo di riuscire tutti, abitanti di Kerbin, a vedere la conclusione di questi eventi.

Buon viaggio… e buona fortuna!

Un discorso toccante. Emozionale. Capace di parlare alla pancia dei kerbal. Qui, al KSC, durante quel discorso, il silenzio si è fatto totale. Nessuno, ma proprio nessuno, ha osato interrompere Gene mentre pronunciava queste parole così profonde.

Ma perchè questo discorso? Perchè tutta questa enfasi sulla missione OTS-5? La risposta è semplice: è la missione con la quale volevamo mandare il primo kerbal nello spazio. E ci siamo riusciti.

Tutto è iniziato con la costruzione di un vettore spaziale di diversa fattura, il Khermatos mk I. Un razzo nato dagli incredibili dati di volo ottenuti dai lanci di tutte le missioni precedenti.

Con una sorta di continuità, infatti, il Khermatos (dal nome dell’antica divinità kerbal della conoscenza) è stato realizzato a partire dai progetti originali del Test Vessel mk III. Aggiungendo più booster e più potenza. E adeguandolo alle necessità intrinseche del portare qualcuno nello spazio.

Allineato il razzo e reso pronto alla partenza io, dal KSC, mi sono ritrovato a fissare quel vettore spaziale domandandomi se avessimo preso in considerazione tutto quanto fosse necessario. E mi sono chiesto se Valentina fosse pronta per questa missione.

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Ma in cuor mio non potevo non sapere già la risposta. Il Khermatos è figlio del nostro intelletto, della nostra stupidità e del nostro coraggio. E’ inutile negarlo così come è inutile negare che, prima o poi, avremmo mandato qualcuno lassù.

Beh, quel momento era lì, davanti a me. Quel razzo era davanti a me. Ricordo che, a T-02:47:58, ho parlato con Valentina. Era calma. E rilassata. Tranquilla. Sapeva che di lì a poco avrebbe compiuto l’inconcepibile ed avrebbe raggiunto l’inarrivabile meta. Siamo stati in dubbio su chi mandare lassù fino all’ultimo. Se Vale o Jeb. Abbiamo scelto Vale. E abbiamo fatto bene, visto l’esito.

Il Khermatos mk I ha lasciato la zona di lancio spinto da un potente vettore a propellente solido, il S1 SRB-KD25k “Kickback” Solid Fuel Booster, che l’ha proiettato su una componente verticale perfetta, ad una velocità veramente superiore a quanto mai provato fin’ora dai nostri kerbonauti.

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Tutto, in questa missione, rappresentava qualcosa di nuovo. O di inesplorato. A cominciare dalla tecnologia utilizzata per i componenti dello stadio primario. Valentina ha provato alcune volte nel simulatore la missione ma nulla è paragonabile al trovarsi realmente all’interno del Mk1 Command Pod. E sentire sulla propria pelle verde le sollecitazioni di una spinta così incredibile.

Il KSC è restato in attesa dei primi dati di volo, col fiato sospeso. Sebbene la salita in verticale fosse perfetta e l’ascesa impeccabile, c’era nella aria qualcosa di particolare. Una sorta di preoccupazione aleggiava e permeava i nostri animi.

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Il Khermatos ha proseguito la sua corsa per diverso tempo. Dall’interno della capsula Valentina ha sempre mantenuto uno stretto contatto con il KSC, senza mai perdere il controllo degli strumenti. Occhi fissi sui monitor, continuava a ripetere.

Occhi fissi sul monitor, già. Perchè la capsula di comando del Khermatos mk I è stata, così come il resto del vettore, è stata pensata per fare una cosa sola e una soltanto. Portare qualcuno in un’orbita stabile.

Senza altri fronzoli. Una missione essenziale e pericolosissima. E per evitare inutili distrazioni, abbiamo preferito non dotare il vettore di alcuno strumento scientifico. La ricerca scientifica sarà ad appannaggio delle future missioni del progetto RAZOR, non di questa.

A T+00:00:49 il Khermatos ha iniziato a brillare come un lampione e tutti, al KSC, abbiamo trattenuto il fiato. Eravamo totalmente impreparati alla cosa. Avevamo qualche idea, qualche supposizione ma nient’altro di più. Sapevamo che portare un kerbal, su un razzo, a quell’altezza comportava dei rischi ma ancora non sapevamo quali.

Ma ormai non si poteva tornare indietro. Non in quel frangente. Dovevamo continuare. L’impatto con gli strati alti dell’atmosfera hanno fatto surriscaldare il vettore oltre ogni misura. I nostri cuori battevano all’impazzata. Valentina, però, era stranamente calma. Decisamente confidente.

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Tutti i nostri occhi erano puntati sui monitor, qui al KSC. Finchè quel brillare continuava i nostri respiri sembravano rallentare. O fermarsi. Ricordo perfettamente Gene Kerman aprire una finestra a prendere una boccata d’aria fresca, con lo sguardo rivolto verso quella palla di luce che si stava allontanando sempre di più.

Quando, poi, il vettore ha smesso di brillare e il calore ha iniziato a diminuire, tutti abbiamo tirato un sospiro di sollievo, stringendoci attorno all’idea di Valentina, lassù da sola.

I controlli hanno dato tutti un risultato positivo. La missione OTS-5 era ancora sul GO e il distacco dello stadio primario è avvenuto con successo a T+00:00:58, momento in cui il secondo stadio ha iniziato a vivere di vita propria.

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E’ stata la prima volta in assoluto che un nostro razzo, perdendo lo stadio primario, avesse ancora a disposizione una propulsione. Di fatto, non abbiamo mai avuto un secondo stadio propulsivo. Anche questo è un traguardo superato brillantemente dalle nostre menti al VAB.

Il Khermatos, a T+00:01:23, ha quindi acceso il suo propulsore LV-T30 “Reliant” Liquid Fuel Engine che gli ha permesso di continuare la salita, in verticale fino ad ottenere un valore di apoasse di circa 100km. Un valore, anche questo, mai raggiunto prima.

A T+00:01:51 il propulsore è stato di nuovo spento e Valentina ha richiesta al KSC di valutare lo stato della missione. Ottenuto il responso positivo dal KSC, Valentina ha orientato il vettore in direzione prograda e, a T+00:01:59 ha riacceso il propulsore, per aumentare il perimetro dell’orbita.

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La potente spinta del LV-T30 “Reliant” Liquid Fuel Engine ha sospinto il Khermatos sempre più in là. L’emozione di riuscire a vedere l’orbita del vettore allargarsi sempre di più è stato un motivo di orgoglio personale non indifferente.

Dall’interno della capsula di comando Valentina ha trasmesso una condizione ottimale di crociera, come si può notare dall’immagine sottostante che mostra una navball perfettamente orientata in direzione prograda.

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La spinta propulsiva è continuata per diverso tempo, durante il quale i nostri cuori hanno iniziato a battere all’impazzata. Valentina si stava allontanando sempre di più. Sempre di più.

Quel puntolino di metallo, lanciato con sconsiderazione nel cosmo, stava raggiungendo il suo obiettivo. La sua meta. Incredibilmente. Contro ogni aspettativa. Contro ogni probabilità.

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Con ancora propellente utile per tornare a casa, Valentina ha spento il LV-T30 “Reliant” Liquid Fuel Engine a T+00:03:38, momento in cui, secondo i calcoli, secondi i monitor e secondo la nostra kerbonauta, il Khermatos mk I ha raggiunto un’orbita stabile attorno al nostro pianeta!

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E’ stato un botto. Un’esplosione di gioia mista a grande orgoglio, qui KSC. Tutto quello che abbiamo sempre sognato era davanti ai nostri occhi. Ci siamo stretti in un grande abbraccio collettivo. Mai, come in quel momento, ho sentito particolarmente vicino Gene Kerman.

Negli sguardi di tutti quanti, da quelli di Gene e di Wernher a quelli di Bobak e di Walt a tutti quelli di tutti gli altri kerbal presenti al KSC ho visto tanta soddisfazione e grande speranza. Speranza nel futuro. Nella ricerca scientifica. E grande orgoglio. Per l’impresa titanica e per il risultato ottenuto.

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Dopo i festeggiamenti di rito, però, abbiamo ripreso tutti il nostro lavoro. Avevamo una giovane kerbal da seguire e, poi, da riportare a casa. Eravamo a metà dell’opera. C’era ancora moltissimo da fare. E lo stavamo affrontando nel modo giusto. Dovevamo solo continuare così.

Su richiesta del KSC, Valentina ha inviato la riprese interne del modulo di comando. Il Khermatos stava procedendo correttamente in direzione prograda, con un leggero scarto. Niente di particolare, per fortuna.

L’indicazione dell’orbita e lo stato del secondo stadio, sui monitor, ci ha rassicurato ancora una volta. Anche Valentina aveva una situazione tranquilla, sotto i suoi occhi.

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Espletati ulteriori controlli e verificato l’ammontare del propellente, lo stato delle batterie del modulo di comando e lo stato emotivo di Valentina, il KSC ha dato il via alla seconda fase della missione OTS-5. Che prevedeva un’altra cosa mai effettuata prima: un’attività EVA.

A T+00:05:55 il Khermatos mk I ha iniziato una lenta e progressiva inclinazione sul piano della verticale dell’orbita. L’intento era quello di posizionare il vettore, grazie al SAS e alla destrazza di Valentina, in posizione verticale, così da limitare al minimo eventuali problemi durante la EVA.

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A T+00:06:26 il Khermatos si trovava nella posizione voluta. Esattamente in posizione verticale rispetto al piano dell’orbita. Tutti i sistemi sono stati ricontrollati una seconda volta.

Non avendo ottenuto nessuna lettura anomala o di interesse rilevante, Valentina ha iniziato la preparazione della sua EVA.

Il KSc ha seguito la preparazione con estremo interesse. Non avevamo mai portato nessun kerbal così in alto, così lontano da casa. E mai alcun kerbal era riuscito a condurre una EVA in orbita attorno a Kerbin.

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Indossato il casco, allacciati i ganci magnetici della tuta, caricata la riserva di ossigeno e data un’ultima lettura agli strumenti, Valentina ha informato il KSC di essere pronta per la sua EVA. Col cuore in mano, quando Gene ha autorizzato l’EVA, ho provveduto ad informare Valentina di procedere.

Eravamo in ballo, con la missione più pericolosa mai effettuata prima. Sentii il peso delle mie parole risuonare nelle nostre cuffie.

A T+00:06:26 Valentina ha aperto il portellone del modulo di comando del Khermatos. E da lì in poi è stato il silenzio. Un silenzio così assordante che dar fastidio, rotto solo dal respiro regolare di Valentina, racchiusa lassù nella sua tuta EVA.

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E’ virtualmente impossibile descrivere, per me, l’emozione provata nel ricevere le immagini da Valentina, nel compiere la sua EVA. Chi l’avrebbe mai detto che il fluttuare di una kerbal avrebbe prodotto un così pesante fluttuare di emozioni, nella testa di tutti al KSC?

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Valentina era là. Sopra le nostre teste. Non più a bordo di quella scatoletta che l’aveva portata lassù. Proprio sola. Semplicemente avvolta da una tuta bianca, col logo del KSP. E basta. Un casco a ripararla dal vuoto infinito del cosmo.

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Questa idea, lo ammetto, mi pervase e non poco leggendo i dati in arrivo al KSC. Sentivo Valentina così lontana e, al contempo, così vicina. Mi sono domandato molto, in quei momenti, se avessimo fatto bene a mandarla lassù. La possibilità che qualcosa avrebbe potuto andare storto era alta.

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Certo, Valentina era in gamba. La migliore. E vederla fluttuare davanti al razzo in perenne caduta libera attorno al pianeta, è stata un’immagine che ha tolto il fiato a molti, anzi a tutti.

Ricordo di aver scambiato un’occhiata fugace con Gene, intento a supervisionare la missione. Era chiaro che con gli occhi mi stava dicendo “ce l’abbiamo fatta.

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Più passava il tempo, più i minuti scorrevano sul cronometro di missione più ci appariva chiaro che Valentina stava acquistando sempre più consapevolezza. Ed autorità. La sua incredibile performance in EVA ci ha lasciato tutti di sasso.

Seguivamo il suo respiro preciso e lento durante ogni spostamento con i razzetti di manovra della tuta. Ed ognuno di questi ci faceva sobbalzare. E’ stata la prima volta anche poi qui al KSC. Sentivamo palpitare i nostri cuori, con la paura che una manovra sbagliata avrebbe proiettato Valentina fuori dalla portata del Khermatos.

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Invece Valentina è stata brava. Bravissima Ed ha condotto la EVA con caparbietà e sicurezza, rientrando nel modulo di comando senza problemi a T+00:22:18, ben 16 minuti dopo essere uscita, dimostrando che qui al KSP, senza ombra di dubbio, la determinazione ci porta lontano.

Riacquistato il controllo del modulo di comando e messo in sicurezza il casco protettivo, Valentina ha ripreso in mano le cloche e, in accordo col KSC, ha inclinato il muso in direzione antigrada, terminando questa manovra a T+00:24:56 momento in cui il Khermatos si è trovato perfettamente allineato all’indietro rispetto alla direzione orbitale.

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Lo scopo di quella manovra è stato quello di permettere al Khermatos, con un’ultima spinta propulsiva intorno all’apoasse, di ridurre l’orbita fino a farle intercettare Kerbin il che avrebbe significato, di fatto, un rientro sicuro sul pianeta.

A T+00:25:07 il LV-T30 “Reliant” Liquid Fuel Engine si è riacceso, per l’ultima volta, spingendo incredibilmente in direzione opposta a quella orbitale il Khermatos. L’orbita ha iniziato a ridursi sempre di più.

Dal KSC è arrivato l’ordine di bruciare ogni litro di propellente residuo e così ha fatto Valentina.

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Esaurito il carburante, il propulsore si è spento autonomamente a T+00:25:37 il che ha permesso a Valentina di effettuare una separazione dal secondo stadio, proiettando il modulo di comando verso Kerbin. Senza possibilità di tornare sui propri passi.

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La discesa verso il pianeta è stata rapida e Valentina ha tenuto tutto sotto controllo. Sempre e comunque. Una manovra perfetta dietro l’altra a cominciare dalla disattivazione del SAS che ha portato la capsula a roteare e a posizionarsi secondo la naturale caduta dettata dall’orbita sempre più ristretta.

E questo ha dimostrato, ancora una volta, la bontà della nostra decisione iniziale di inviare lei in orbita in questa missione. La missione OTS-5 si stava avviando verso la conclusione ma il passo più pericoloso, quello del rientro, era ancora da fare.

Tutta la strada che avevamo fatto non bastava. Dovevamo ancora affrontare quel pericolo. Ll’incredibile incognita del rientro. Ma Valentina era lì. Con noi. E avrebbe fatto la differenza.

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A T+00:32:06 il modulo di comando, orientato correttamente, ha impattato l’atmosfera, andando ad incendiare l’Heat Shield da 1.25m che ha iniziando a surriscaldarsi notevolmente. Per fortuna il calore e la pressione sulla capsula di comando non sono risultati così distruttivi, nonostante la grande apprensione del KSC.

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Dopo dieci secondi esatti, a T+00:32:16, la capsula di comando con Valentina a bordo è uscita dall’atmosfera alta, continuando la sua costante discesa verso il pianeta. Il respiro di sollievo è stato generale.

Ora che quel grande pericolo era scampato non dovevamo fare altro che restare concentrati e riportare Valentina a casa.

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La caduta libera è continuata senza problemi, raffreddando la capsula di comando, il che ha giocato a favore della missione e di Valentina, in primis. A T+00:32:57 Valentina era pronta ad aprire il paracadute. L’orientamento della capsula era semplicemente perfetto.

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Il Mk16 Parachute è stato liberato a T+00:33:07, a poco più di 2000m sul livello del mare. E in quel preciso istante al KSC la tensione è scemata. Inutile girarci attorno, una volta aperto il paracadute la missione può considerarsi più che a buon punto, no?

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A circa 500m d’altezza, a T+00:33:28, il paracadute si aperto senza intoppi, come mostra questa immagine del cockpit di Valentina. Un’esplosione di gioia ha pervaso nuovamente il KSC e questa volta è stato molto più contagioso.

Le risate di gioia di Valentina sono arrivate fino a noi, attraverso la radio. L’euforia ha regnato sovrana per diverso tempo. Anzi, tutto il tempo intercorso fra l’apertura del paracadute e lo splashdown.

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A T+00:33:58 il KSC ha avvisato Valentina di prepararsi per l’effettivo splashdown. Vale si è stretta forte alle cloche. La sua voce, attraverso la radio, che ci comunicava che stavamo facendo la storia ci ha scaldato il cuore, già ricco di emozioni e strabordante di orgoglio.

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La capsula di Valentina, quello che rimaneva dell’imponente Khermatos mk I, ha effettuato lo splashdown a T+00:34:17, accolto da un applauso sciabordante di tutto il team del KSC. Abbiamo fatto la storia? Abbiamo fatto la storia. Siamo stati bravi? Siamo stati bravissimi!

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Valentina è uscita dal modulo di comando a T+00:35:37, dopo aver verificato l’integrità del modulo di comando e quella sua. Per festeggiare la riuscita della missione OTS-5 e incurante della fatica ha nuotato in direzione del recupero inviato dal KSC.

L’espressione del suo volto, accompagnata dalla sua coda di cavallo ondeggiante, sono l’immagine ultima di questa missione OTS-5, capace di superare traguardi fin’ora impensati e fin’ora insperati.

Quello che abbiamo compiuto oggi, tutti insieme, è qualcosa di storico. La prima kerbal nello spazio. Il primo kerbonauta che, dopo secoli di evoluzione e di scienza, è arrivato là dove nessun kerbal è mai stato prima.

Di tutta questa missione restano solo due cose: questa lunga documentazione e l’enorme, immenso orgoglio di far parte di una squadra incredibile.

Quella del Kerbal Space Program.

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